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Letture della messa del giorno
¿Quale ebbrezza c’è nel potere? ¿Quale vertígine o febbre còglie chi ha il grave còmpito di governare qualcuno? Provo a dare una risposta. La sicurezza del benèssere e l’arroganza di èssere i primi o di èssere “reverendi” od “onorévoli”, pòrtano i capi, i príncipi, i governatori e i presidenti al passàggio infernale che da servitori li conduce ad èssere dominatori.
Costoro hanno preferito all’útile di tutti, l’útile familiare, di una parte; e alla glòria di Dio la glòria personale, facendo diventare il potere prepotere, la giustízia ingiustízia, il dovere un favore. La Scrittura dice a costoro: «Chi inségue il denaro ne sarà fuorviato» (Sir 31, v.5). E ancora: «Non fu loro sufficiente errare nella conoscenza di Dio, ma, vivendo nella grande guerra dell’ignoranza, a mali tanto grandi dànno il nome di pace» (Sap 14, v.22). Per questo Gesú ci dice: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i loro capi le opprímono. TRA VOI PERÒ NON È COSÍ» (Mc 10, v.42).
Il Signore è certo che tra noi non è cosí, perché ha già definita in sé LA COMUNITÀ DEL RISORTO, che È PASSATA DALLA MENTALITÀ DEL MONDO A QUELLA DEL REGNO DI DIO. Egli vede già, nei cuori che saranno purificati dalla sua Passione e morte, il regno dei fratelli che si àmano vicendevolmente, senza smànie di potere, senza aspirazioni a scalate sociali, senza sostituzioni del volere di Dio col nostro volere.
San Giàcomo e san Giovanni, figlî di Zebedeo, col loro chièdere: «Maestro, vogliamo che tu fàccia per noi quello che ti chiederemo» (Mc 10, v.35), sono nel Vangelo di oggi i portavoce di questo insano desidèrio, anche se si còlloca sul piano escatològico, cioè quando Gesú sarà nella sua glòria. Precísano, infatti: «Concédici di sedere, nella tua glòria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10, v.37). Volèvano èssere giúdici di Israele, ma trascurando TRE COSE FONDAMENTALI PER IL VERO CRISTIANO: IL SERVÍZIO ÚMILE, IL CÀLICE E IL BATTÉSIMO; che possiamo definire anche la schiavitú d’amore, la partecipazione alle sofferenze di Cristo, e la morte contínua dell’uomo vècchio.
LA SCHIAVITÚ D’AMORE si capisce da queste parole di Gesú: «chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole èssere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10, 43-44). Da queste parole di Gesú prende il títolo di Servus servorum (Servo dei servi) il Papa. In forza di queste parole a tutti i cristiani è fatto dovere di imitare Gesú nel chinarsi sugli altri, nell’abbassarci nel soccórrere, sostenere, aiutare, corrèggere con amore; farci pròssimi; risollevare con la speranza che ci arde nel cuore; PROCLAMARE LA VERITÀ. QUESTO È IL SERVÍZIO PIÚ GRANDE CHE LA CHIESA OFFRE AL MONDO: la verità. E pròprio perché lo offre come serva di Dio e sposa di Cristo, LO FÀ CON SICUREZZA E DA INNAMORATA. La sicurezza la dà il fatto di èssere al servízio del Re dei re e Signore dei signori, che, quindi, ha qualcosa da dire a tutti, senza temere smentite, ribellioni, od opposizioni. Oltre che la sicurezza, però, c’è l’amore con cui parliamo di ciò che ci insegna Gesú. Chi parla solo per autorità, si può aspettare gli onori (che tante volte non màncano per un gioco di ipocrisie che conviene a tutti gli uòmini di potere); ma chi parla anche per amore, sa di stare seminando attrazione e conversione, perché l’Amore vuole amore.
Questo servízio cristiano o schiavitú d’amore è l’antídoto ad ogni prepotenza, prevaricazione, autoritarismo, avidità di potere o di glòria, perché il primo, che si fà schiavo di tutti, è a stretto contatto con Cristo schiavo di tutti, per cui resta nella verità. Infatti, «gli uccelli sòstano presso i loro símili, la verità ritorna a quelli che fanno cose giuste» (Sir 27, v.9), dice il Siràcide. Si allontana, invece, da chi si sente superiore agli altri e non fà cose giuste.
Infine Gesú, in questa terza profezia della sua Passione, ci dice: «Il càlice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battésimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati» (Mc 10, v.39).
Il CÀLICE è la metàfora della sofferenza da bere, cui nessuno può sottrarsi; ma il fatto che sia rimasto nel sacrifício eucarístico uno dei due segni della Nuova ed Eterna Alleanza, ci fà comprèndere che se fosse solo sofferenza subita non avremmo alcún mèrito e ruolo di cooperazione con Dio. Il Sàngue di Cristo bevuto da chi vuole la comunione con Dio realizza la profezia di Isaia: «Quando offrirà sé stesso in sacrifício di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore» (Is 53, v.10). E la volontà del Signore sulla sua discendenza, che siamo pròprio noi!, è quella che anche noi ci offriamo in sacrifício di riparazione, come già aveva capito il pòpolo ebràico in questo carme del servo sofferente, che costituisce la prima lettura di oggi.
Oltre che schiavi d’amore, IL SIGNORE CI CHIEDE DI ÈSSERE VÍTTIME D’AMORE, CIOÈ VUOL FARE DI NOI E DEL NOSTRO DOLORE ÍNTIMO O CORPORALE UN MEZZO DI RIPARAZIONE, ESPIAZIONE, REDENZIONE. A suor Josefa Menendez, che questo lo viveva in sé, disse un giorno Gesú: «Per diffòndere il mio amore vòglio formare una Catena di ànime che infiammate di questo amore lo comúnichino al mondo intero. Il mio invito lo rivolgo a tutti: alle ànime consacrate e a quelle del mondo, ai giusti e ai peccatori, ai dotti e agli ignoranti, a chi comanda e a chi obbedisce. A tutti io dico – Se volete la felicità, Io lo sono! Se cercate la ricchezza: Io sono ricchezza inesauríbile! Se bramate la pace, Io sono la pace… Io sono la Misericòrdia e l’Amore! Vòglio èssere il vostro Re!».
Ecco che per lasciare che Gesú regni, occorre, cari fratelli e sorelle, che VIVIAMO IL NOSTRO BATTÉSIMO COME COSTANTE MORTE DELL’UOMO VÈCCHIO CHE È IN NOI, cioè di quell’umanità incline al male che senza il Vangelo è vècchia, mentre accoglièndolo è sempreverde, sempregióvane, semprefresca. Questo è il potere che il Signore vuole darci! Giovanni e Giàcomo capirono questa verità, e víssero e morírono per questa verità. E noi?