Dice Gesú:
Il mercoledí lo darai al tuo Signore per “i tuoi pòveri fratelli disperati” come li chiami tu[1].
Fratelli sí. Nessuno ti deve èsser tanto fratello come colui che è pòvero, solo e malato. E i disperati sono pòveri della povertà più grande. Hanno perduto tutto perdendo la speranza in Dio. Sono soli. Non vi è solitúdine piú vera di questa. È l’única vera solitúdine. Sono senza Dio. Sono malati. Una malattia che dà la morte. La vera morte. Bisogna guarirli, rènderli a Dio, farli ricchi di Dio.
Ma la tua fraternità è d’amore, non di natura. Tu non sei “disperata”. Credi, hai creduto d’èsser all’inferno[2] ed eri… eri in Paradiso perché servivi Me. Servi Me. Lo sei. Sei nel Getsémani e passi da questo alla Croce e dalla Croce a questo. Ma ad ogni elevazione mi posi sul cuore. Io sono che ti elevo. Ad ogni deposizione posi sul cuore di Maria. Poi torni al tuo Getsémani e alla tua croce. Ma vi vai col sapore del mio amore e col profumo del cuore immacolato della Mamma.
Brano tratto da Maria Valtorta, I Quaderni del 1944, 29.5, CEC, Isola del Liri, p. 392-393.
Note
[1] Vd. Maria Valtorta, I Quaderni del 1944, 15 màggio, CEC, Isola del Liri, p. 350.
[2] A partire dal 9 aprile, vd. Ivi, p. 320ss.