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Offerta delle pròprie sofferenze per gli idolatri

Dice Gesú:

Il giovedí soffrirai per la grande categoria degli idolatri.

Idolatria non è solo adorare un ídolo. Per Me è idolatria il culto di qual che sia che non sia il vero Dio. Sono idolatri tanto i selvaggî ― anzi lo sono meno di molti civili che, pur conoscendo che vi è un Dio Uno e Trino, adórano mille ídoli che vanno dal loro io all’io di un altro pari loro, e lungo questa via hanno molti altari a falsi dei dal nome: denaro, potere, senso, scienza razionalista, ecc. ecc. ―. Sono dunque per Me tanto idolatri i selvaggî quanto i civili, quando hanno culti nazionali o síngoli non veri.

Includi perciò nelle intenzioni del giovedí tutti coloro che dévono conóscere il Nome. Ss. di Dio ed il mio, coloro ai quali ancora non è nota la Croce come fréccia che índica il Cielo, coloro che séguono una religione rivelata ma che non è la Religione, coloro che sono “cristiani” ma non cattòlici. Una è la Chiesa: quella di Roma. Offri e soffri per coloro che una scienza errata fa idolatri della mente, e coloro che una passione fa idolatri del cuore. Fà che tòrnino a Me. Io sono il vero Dio e non vi è altri superiore e all’infuori di Me. A Me deve darsi l’amore e il culto delle creature create dal Padre, redente dal Fíglio, amate dallo Spírito. Il giovedí sia il giorno di dolore per tutti costoro.

Una lontana sera di un giovedí, con la ferita del tradimento nel cuore, con l’eco dell’addio di mia Madre nel cuore, con  la prescienza del pròssimo complesso martírio nel cuore, il Fíglio dell’Uomo, il Fíglio di Dio, Io, ho pregato per tutti: per quelli che èrano “miei” e per quelli che sarébbero divenuti “miei” per la Parola che avevo detta e affidata ai miei amici e discépoli; ho pregato per quelli che si sarébbero, per eresia di un disgraziato, staccati dal tronco vivo della Chiesa romana, perché tornasse ad èssere una cosa sola con essa e perciò con Me e col Padre; pregato infine per tutti gli uòmini poiché per tutti lo morivo[1].

Dio, mio Padre, mi aveva affidato tutta la razza umana. Io mi sono fatto Uomo per redímere e salvare i figlî di Adamo. E Adamo fu uno. Non vi fúrono tanti Adami quante sono le razze della terra. Ma un solo Adamo. Ed Io sono venuto per salvare la sua discendenza, quale che sia il suo colore, il suo punto di latitúdine o longitúdine, il suo grado di civiltà. E Io vòglio che dove sono, ossia in seno al Padre, essi, tutti gli uòmini, síano. Questo sarebbe la mia giòia come è la mia aspirazione.

Prega dunque per questi che non sono in Me, o che ne sono usciti per errori dei padri loro o per errore delle loro menti orgogliose della larva di scienza che possièdono.

Brano tratto da Maria Valtorta, I Quaderni del 1944, 29.5, CEV, Isola del Liri, p. 393-394


Note

[1] Giovanni 17.

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