Maria Valtorta, Quaderni del 1943, capitolo 215, 25 dicembre 1943
Nuovo dettato di Maria. Dice Maria:
«La beatitudine dell’estasi natalizia è venuta meco come essenza di fiore chiusa nel vivo vaso del cuore per tutta la vita. Indescrivibile gioia. Umana e sovrumana. Perfetta.
Quando il venir di ogni sera mi martellava nel cuore il doloroso memento: “Un giorno meno di attesa, un giorno più di vicinanza al Calvario”, e l’anima mia ne usciva ricoperta di pena come se un flutto di strazio l’avesse ricoperta, anticipata onda della marea che m’avrebbe inghiottita sul Golgota, io curvavo il mio spirito sul ricordo di quella beatitudine che era rimasto vivo nel cuore, così come uno si curva su una gola montana a riudire l’eco di un canto d’amore ed a vedere in lontananza la casa della sua gioia.
È stata la mia forza nella vita. E lo è stata soprattutto nell’ora della mia morte mistica ai piedi della Croce. Per non giungere a dire a Dio – che ci puniva, io e il mio dolce Figlio, per i peccati di tutto un mondo – che troppo atroce era il castigo e che la sua mano di Giustiziere era troppo severa, io, attraverso il velo del più amaro pianto che donna abbia versato, ho dovuto affissare quel ricordo luminoso, beatifico, santo, il quale si alzava in quell’ora come visione di conforto dall’interno del cuore per dirmi quanto Dio m’avesse amata, si alzava per venirmi incontro non attendendo, poiché era gioia santa, che io lo cercassi, perché tutto quanto è santo è infuso da amore, e l’amore dà la sua vita anche alle cose che par che vita non hanno.
Maria, occorre fare così quando Dio ci colpisce.
Ricordare quando Dio ci ha dato la gioia, per poter dire anche fra lo strazio: “Grazie, mio Dio. Tu sei buono con me”.
Non rifiutare il conforto del ricordo di un passato dono di Dio che sorge per confortarci nell’ora in cui il dolore ci piega, come steli percossi da una bufera, verso la disperazione, per non disperare della bontà di Dio.
Procurare che le nostre gioie siano gioie di Dio, ossia non darci delle gioie umane, da noi volute e facilmente contrarie, come tutto quanto è frutto del nostro operare avulso da Dio, alla sua divina Legge e Volontà, ma attendere solo da Dio la gioia.
Serbare il ricordo di esse anche a gioia passata, perché il ricordo che sprona al bene ed a benedire Iddio è ricordo non condannabile ma anzi consigliato e benedetto.
Infondere della luce di quell’ora le tenebre dell’ora presente per farle sempre tanto luminose che ci bastino a vedere il santo Volto di Dio anche nella più buia notte.
Temperare l’amaro del calice di quella goduta dolcezza per poterne sopportare il sapore e giungere a berlo sino all’ultima stilla.
Sentire, poiché lo si è conservato come il più prezioso ricordo, la sensazione della carezza di Dio mentre le spine ci stringono la fronte.
Ecco le sette beatitudini contrapposte alle sette spade. Te le dono per mia lezione di Natale (metti questa data) e, con te, le dono a tutti i miei prediletti.
La mia carezza per benedizione a tutti.»
Dice l’Eterno Spirito:
«Io sono l’Amore. Non ho (o non uso) voce mia propria perché la mia Voce è in tutto il creato ed oltre il creato. Come etere Io dilago per tutto quanto è, come fuoco accendo, come sangue circolo.
Io sono in ogni parola del Cristo e fiorisco sulle labbra della Vergine. Io purifico e faccio luminosa la bocca dei profeti e dei santi. Io sono Colui che le cose ispirò prima che fossero, perché è il mio potere quello che come palpito dette moto al pensiero creativo dell’Eterno.
Per il Cristo tutte le cose sono state fatte, ma tutte le cose sono state fatte da Me-Amore, perché sono Io che con la mia segreta forza mossi il Creatore ad operare il prodigio.
Io ero quando nulla era ed Io sarò quando rimarrà unicamente il Cielo.
Io sono l’ispiratore della creazione dell’uomo al quale fu donato il mondo per sua delizia, il mondo in cui, dagli oceani alle stelle, dalle vette alpine agli steli, è il mio sigillo.
Io sarò che porrò sulle labbra dell’ultimo uomo la suprema invocazione: “Vieni, Signore Gesù!”.
Io sono Quello che a placare il Padre infusi l’idea dell’Incarnazione e scesi, fuoco creatore, a farmi germe nelle viscere immacolate di Maria, e risalii fatto Carne sulla Croce e dalla Croce al Cielo per stringere in anello d’amore la nuova alleanza fra Dio e l’uomo, come in amplesso d’amore avevo stretto il Padre e il Figlio generando la Trinità.
Io sono Colui che senza parole parla, ovunque ed in ogni dottrina che in Dio abbia origine, Colui che senza tocco apre occhi e orecchi ad udire il soprannaturale, Colui che senza comando vi trae dalla morte della vita alla Vita nella Vita che non conosce limite.
Il Padre è su voi, il Figlio in voi, ma Io, Spirito, sono nel vostro spirito e vi santifico colla mia presenza.
Cercatemi ovunque è amore, fede e sapienza. Datemi il vostro amore. La fusione dell’amore con l’Amore crea il Cristo in voi e vi riporta in seno al Padre.
Ho parlato oggi che è l’avvento dell’Amore sulla Terra, la più alta mia manifestazione, quella da cui provengono redenzione e infusione pentecostale alla Terra.
Il mio Fuoco dimori in voi e vi accenda, ricreandovi a Dio, in Dio e per Iddio, Signore eterno a cui, in Cielo e in Terra, ogni lode va data.»
Nel ringraziamento della Comunione, mentre ad alta voce pregavo per tutti noi e intorno al mio letto erano Anna e Paola (Marta era andata un momento verso la cucina) l’estasi mi ha presa. Ho visto Maria prendere il Bambino dal suo grembo, stringerselo sul cuore, baciarlo e ninnarlo.
E questo sarebbe poco male. Il male è che ho visto Paola alzare gli occhi dal suo messale (perché, per quanto io leggessi e perciò avessi gli occhi bassi, pure vedevo il libro, la Vergine e gli astanti insieme) e guardarmi fisso, e vidi Marta accorrere e venirmi vicina a guardare anche lei.
Cercando di dominarmi sono andata in fondo alla preghiera di Pio XII al Cuore immacolato di Maria e alle altre orazioni. Ma ebbi la sensazione di essere prossima a naufragare del tutto nella dolcezza beata dell’estasi, e pregavo Dio e Maria che mi aiutassero ad andare avanti e mi occultassero dagli altri in quel mio stato.
Dopo venne gente, si fece colazione (latte e caffè) ecc. ecc.
Finalmente, oltre un’ora dopo, chiesi a Paola: “Perché mi guardavi?”.
E lei: “Perché ti ho vista cambiare nella voce e nel volto. La voce ti rideva e piangeva insieme e il viso ti si era trasformato”.
E Marta: “Io ho sentito fin dalla cucina cambiare talmente tono che sono corsa credendo si sentisse male e l’ho vista tutta diversa”.
“Diversa come?”.
“Come fossi fuori di te”.
Non ho negato, perché ancora le lacrime del “gioioso pianto”, come dice Maria, mi montavano dal cuore e sentivo la luce interna trasparire dal mio viso.
Oh! Padre!… Dopo sono rimasta accesa e trasfigurata, abbellita per tutto il giorno.
Mi pareva, nel prosieguo della visione che mi estasiava, vedere Maria alzarsi dal luogo dove sempre l’ho vista in questi giorni, in fondo al mio letto dal lato destro, e venire tenendo in braccio il Bambino vicino al mio capezzale. Vedevo distintamente la mossa di appoggiare la mano sinistra al suolo per far leva al corpo e il passo lievemente ondeggiante come è di solito quello di chi calza dei sandali. Quando fu presso a me, vidi il divino Piccino dormire placido e bello, appoggiato sul braccio destro e sul petto di Maria.
Mi cadevano le lacrime… Poi Maria mi passò il braccio sinistro intorno alle spalle attirandomi a sé, di modo che io ero sotto il suo velo e sentivo la spalla sottile e il petto gentile contro il mio capo e il mio cuore, e sapevo che dall’altro lato era il mio Gesù ugualmente appoggiato alla Mamma.
Sono stata molto così. Ma tuttora la vedo qui, al mio capezzale col Bambino in braccio. Come è bella, mite, pura, cara! E come è placido il riposo del Bambino! Un respiro di uccellino…
Come è bello stare così! Che è il soffrire se ci dà queste gioie? Le ho voluto dire la gioia che dentro e fuori mi colma e mi abbella, perché è troppo bella perché la tenga per me sola.
Io son felice. Unica cosa per cui sono tentata a fare un po’ di broncino alla Mamma e a Gesù è di aver permesso agli altri di vedere il mio trasfiguramento. Mah! Pazienza!…